Cenni storici

Storia dell’amministrazione venatoria in Alto Adige

Troviamo traccia di una forma di «unione» fra cacciatori del nostro territorio già nella seconda metà del diciannovesimo secolo. Era infatti il 1865 quando nel Tirolo storico, comprendente anche la odierna regione Trentino-Alto Adige, un gruppo di praticanti l’attività venatoria diede vita a un circolo denominato «Hirschtafelrunde», che si proponeva di impegnarsi contro la degenerazione della caccia. Nove anni più tardi il gruppo fu iscritto presso il governatorato di Innsbruck con il nome di Tiroler-Jagd-und Vogelschutz-Verein (letteralmente: Circolo tirolese per la protezione della caccia e dell’avifauna), che come tale venne ufficialmente riconosciuto nel gennaio 1875.

I primi obiettivi

Il Circolo si era dato degli obiettivi precisi: accrescere le consistenze faunistiche, garantire la disciplina fra i cacciatori, controllare il commercio di carni di selvaggina, limitare la pratica della caccia agli ungulati con il cane, regolamentare i prelievi di starne, galli cedroni e galli forcelli.
I risultati non mancarono, tanto che, in occasione dell’esposizione venatoria internazionale del 1919, che si svolse a Vienna, il Tirolo fece la sua bella figura.
Purtroppo le vicissitudini della prima guerra mondiale si tradussero, nel campo della gestione faunistico-venatoria del Tirolo storico, in notevoli passi indietro.
Quando, nel 1919, il Sudtirolo / Alto Adige venne annesso all’Italia, i cacciatori sudtirolesi furono confrontati anche con un cambiamento della normativa di riferimento, ivi incluso il fatto che la facoltà di esercizio della caccia non fosse più legata al possedimento terriero.
Nel primo dopoguerra la caccia di frodo raggiunse livelli assai elevati, come conseguenza della congiuntura critica che la popolazione stava attraversando. I guardiacaccia, del resto, non potevano fare più di tanto, non essendo autorizzati a portare armi.

Un gruppo di cacciatori si prese a cuore la situazione, dando vita nel 1920 allo Jagdschutzverein für Deutsch-Südtirol, associazione che riuscì a far revocare i divieti di caccia; inoltre, al personale di sorveglianza venne riconosciuta la facoltà di portare armi. I cittadini tirolesi erano abituati da secoli a possedere e portare armi, mentre nel nuovo status giuridico le cose stavano ben diversamente.

L’impulso dato dall’associazione fu notevole, ed essa riuscì a ottenere dalle autorità delle importanti concessioni. Tra l’altro fu regolamentato il sistema affittuario, vennero inasprite le pene per i reati di bracconaggio e fu disciplinato il rilascio del porto d’armi limitatamente ai titolari di permesso di caccia.

Il Testo Unico delle leggi sulla caccia del 1939
Con la presa del potere da parte del fascismo, lo Jagdschutzverein für Deutsch-Südtirol, alla pari di tutte le associazioni di marca etnica tedesca, fu forzatamente disciolto.

Nel 1939 venne emanato il Testo Unico delle leggi sulla caccia n. 1016. Nel frattempo erano state aggregate alla Federazione nazionale della caccia fascista le varie associazioni venatorie provinciali, alla cui guida vennero insediati funzionari non democraticamente eletti, bensì insediati dall’alto.
Anche in Alto Adige-Südtirol i cacciatori dovettero unirsi in associazioni di valenza locale; le comunità di riserva acquisirono le vesti di «sottosezioni cacciatori».
Il diritto di caccia doveva essere riconosciuto dai comuni alla Sezione provinciale cacciatori o alla locale sottosezione, dietro corresponsione di una quota.
La situazione della caccia iniziò comunque a farsi abbastanza accettabile, ma un grosso contraccolpo fu portato dal periodo delle «opzioni» nel corso del secondo conflitto mondiale (il fenomeno per il quale i cittadini sudtirolesi di lingua tedesca vennero chiamati a scegliere fra il rimanere in questa terra conformandosi alla cultura italiana o trasferirsi nei territori del Terzo Reich e divenire cittadini tedeschi).
Nel dopoguerra, nuovamente alcuni cacciatori volenterosi si dettero da fare per prendere in mano le redini del comparto venatorio, operando nell’ambito della Sezione provinciale di Bolzano di Federazione Italiana della Caccia.

1964: istituzione delle «riserve di diritto»

Con l’accordo di Parigi del 1939 fu istituita la Regione Autonoma Trentino-Alto Adige; alle due amministrazioni provinciali di Trento e Bolzano furono conseguentemente trasferite le competenze – sino ad allora ministeriali – in materia di caccia e pesca. A Bolzano e Trento furono istituiti i rispettivi Comitati caccia.
Il graduale miglioramento della situazione in campo venatorio portò con sé anche delle insidie per la comunità venatoria altoatesina. Vennero impugnati il sistema riservistico e la norma circa l’iscrizione obbligatoria dei cacciatori alla Sezione provinciale Federcaccia. Nell’insieme si tentò di estendere alla Provincia di Bolzano il sistema di «caccia libera» vigente a livello nazionale.
I dirigenti della Sezione Federcaccia di Bolzano consultarono giuristi di rango. In tutta fretta venne elaborata una legge regionale stante a istituire le «riserve di diritto», che fu varata nell’anno 1964. Tramite questo strumento normativo e il successivo regolamento di attuazione, venne affidata alle Sezioni provinciali Federcaccia di Bolzano e Trento la gestione delle riserve di diritto. A seguire, in Alto Adige la regolamentazione venatoria fu rapidamente consolidata. Tra l’altro venne inasprito il trattamento delle violazioni venatorie; inoltre venne introdotto l’obbligo di risarcimenti a beneficio della Sezione provinciale cacciatori nei casi di bracconaggio.

Agli effetti della gestione della caccia, la legge regionale apportò una suddivisione del territorio altoatesino in quattro categorie: le riserve di caccia di diritto (651.000 ettari complessivi), i beni del demanio forestale provinciale (56.545 ettari), l’area del Parco nazionale dello Stelvio (52.000 ettari) e le riserve di caccia private (14.158 ettari); queste ultime, peraltro, solo in un regime di concessione, cosicché nei casi di mancato di rinnovo della concessione la riserva privata era destinata ad essere riaccorpata alla relativa riserva di diritto.
Vennero istituite per l’esattezza 131 riserve di diritto, sostanzialmente coincidenti con il rispettivo territorio comunale.
Dapprincipio vi fu chi non vide di buon occhio alcune delle novità introdotte dalla legge regionale: ad esempio il fatto che la Sezione Federcaccia non fosse più autorizzata a limitare il numero massimo di soci delle riserve, dato che l’esercizio della caccia era un diritto riconosciuto a chiunque vantasse un determinato periodo di residenza nel proprio comune.
Sul piano dell’organigramma, i tempi dei dirigenti imposti dall’alto divennero fortunatamente un ricordo.

L’organizzazione della Sezione provinciale prevedeva l’elezione dei rettori da parte dei soci delle singole riserve, l’elezione degli otto presidenti distrettuali da parte dei rettori degli otto distretti, l’elezione del consiglio direttivo provinciale da parte dell’assemblea generale dei rettori e l’elezione del presidente da parte dei membri del consiglio direttivo provinciale. All’interno del direttivo vennero previsti tre consiglieri in rappresentanza della minoranza etnica italiana, per un totale di undici membri.
Sin dal principio la Sezione provinciale si fece carico di una serie di importanti mansioni: emissione dei permessi di caccia, fissazione dei piani di prelievo, elaborazione delle direttive di prelievo per gli ungulati e del regolamento provinciale sulla caccia, trattazione delle vertenze disciplinari, messa in atto della sorveglianza.

1988: nasce l’Associazione Cacciatori Alto Adige

Già nel 1972, con la chiusura del «Pacchetto di autonomia», le competenze sulla caccia e la pesca, ivi incluso il potere di legiferare in materia, erano passate dalla Regione Trentino-Alto Adige alle Province Autonome di Bolzano e Trento.

In Alto Adige le competenze in campo normativo culminarono nell’anno 1987 nell’emanazione, da parte della Giunta provinciale di Bolzano, della legge provinciale sulla caccia n. 14/1987. Tale legge prevedeva l’operatività sul territorio di un’associazione che rappresentasse i cacciatori della provincia. Nell’anno 1988 si giunse così – stante l’elaborazione di un apposito statuto – alla costituzione dell’Associazione Cacciatori Alto Adige (Acaa), già Sezione provinciale Federcaccia e che tale continuò ad essere anche nel nuovo, più autonomo regime. Membri costituenti furono i dirigenti in carica della stessa Sezione provinciale di Bolzano della Federazione Italiana della Caccia, e la costituzione fu ratifica dall’assemblea generale dei rettori di quell’anno.

Nel prosieguo, la Giunta provinciale di Bolzano riconobbe l’Associazione Cacciatori Alto Adige come associazione venatoria di valenza provinciale, ne ratificò lo statuto e conferì all’associazione lo status di persona giuridica. Con decreto PGP del 20.12.1988 venne infine delegata all’Acaa la gestione delle riserve di caccia di diritto altoatesine, che nel frattempo erano salite a 144, in virtù di alcune divisioni territoriali.

I presidenti della Sezione Federcaccia di Bolzano / Associazione Cacciatori Alto Adige nel corso degli anni:

1941 – 1943   Francesco Dordi

1943 – 1945   Toni Welponer

1945 – 1947   Francesco Dordi

1947 – 1952   August Pichler

1952 – 1960   Wilhelm R. von Lachmüller

1960 – 1964   Leo von Pretz

1964 – 1980   Ludwig von Lutterotti

1980 – 1981   Oswald Galler

1981 – 1985   Erwin Kiem

1985 – 1989   Oswald Galler

1989 – 1993   Eduard Mahlknecht

1993 – 2013   Klaus Stocker

2013 – 2020   Berthold Marx

2020   fino a tutt’oggi Günther Rabensteiner